My Dear, Dear SNES

Perché devo dire anche io la mia sui videogame

Dear SNES, you’re my true love!
Dear SNES, like You

Per chi non lo sapesse questo è il mio blog.
Purtroppo per mancanza di tempo ed energie per tanto, troppo tempo l’ho lasciato a se stesso e l’ho aggiornato pochissimo.
Uno dei buoni propositi del 2016 è quello di scrivere, ed utilizzare questo spazio di più e meglio.

Ho deciso che anche io devo dire la mia sul mondo dei videogame.
Lo farò con recensioni, racconti, aneddoti, invettive, inviti e discussioni a tema senza limiti di console o di spazio/tempo.

Perché anche io devo dire la mia?
È una necessità impellente. I videogame fanno parte della mia vita fin dalla tenera età e a fasi alterne sono entrati ed usciti dalle mie giornate, sono una delle mie passioni e come per tutte le mie passioni mi piace parlarne. Nel mondo reale non ho molte occasioni per parlare di videogiochi, quindi lo farò nel mondo virtuale sperando di trovare qualcuno interessato con cui interagire.

Che tipo di videogiocatore sono?

Nelle diverse fasi della mia vita sono stato un diversi tipi di videogiocatore, ma ora sono così:
(segue piccolo elenco parziale).
Cosa non sono: un esperto, un talento, un maniaco della grafica e della tecnica.
Cosa sono: un nostalgico, un disonesto, un Heautontimorumenos, un appassionato del divertimento.
Approfondimento su “Cosa sono”:

Nostalgico: il mio CV da videogiocatore comincia dalla tenera età, molti anni infantili li ho passati guardando giocare mio fratello più grande. Ecco un elenco di cose su cui ho messo mano in ordine cronologico di come sono entrate nella mia vita: C64, Sega Master System, Game Gear, SNES, N64, (PC di varia fattura), PS1, PS2, PS3, un altro SNES, GameBoy, Sega Mega Drive II, Nintendo 2DS.
Nostalgico è la prima parola perché ormai è il sentimento che mi porto addosso da un po’ di anni a questa parte, perché (avendo compiuto 28 anni da poco) mi ritrovo a pensare ai tempi d’oro degli anni ’90, della SNES, delle 500 lire nei giochi da bar, con rimpianto, sono quello che ripete di continuo “ai miei tempi i giochi non erano così facili!”.
Sono stato fuori dal giro tra il 2008 e il 2013 e la sensazione che ho avuto comprando e cominciando ad usare la PS3 nell’estate del 2013 è quella di un vecchio catapultato nel futuro. Negli “anni fuori” università e lavoro non mi hanno lasciato spazio per seguire gli sviluppi di un mondo cresciuto economicamente a dismisura e quando mi ci sono ributtato dentro mi sono trovato un po’ spaesato, e ancora adesso mi sento una specie di emarginato rispetto a videogiocatori più puri e presenti al mondo moderno.
Sono quello che compra estasiato giochi del caxxo da Game Stop a 1 euro perché “ai miei tempi” non era per nulla così! L’acquisto di un gioco era una specie di rituale sacro.
“Ai miei tempi” esistevano negozi di videogame non franchising ma io vivevo in un paesino minuscolo e non ne avevo mai visto uno vero.
(Ad essere sinceri c’è stato un momento che con la PS1 e PS2 si facevano le versioni di “””valutazione””” dei giochi originali).
Nostalgico, non troppo esperto, appassionato, con strumentazione obsoleta ma consapevole del presente e di cosa sia lo sviluppo tecnologico.

Disonesto: sì, lo ammetto, se trovo la gabola per fregare il gioco ed andare avanti lo faccio, l’ho sempre fatto. Dall’uso dei trucchi allo sfruttamento di glitch e bachi vari. Sono quello che per sorpassare a Gran Turismo si “appoggia” in curva, quello che in Need for Speed Porsche aveva trovato il modo per far soldi infiniti comprando aggiustando e rivendendo le auto d’epoca, quello che comprava Semau e Babangida a Pes e via a sulla fascia per arrivare di corsa in area e dopo 20 tiri magari ci scappava il goal. Nella lotta contro il CPU vale tutto ma contro il Player 2 massima onestà, altrimenti si perde la bellezza della sfida.
Ovviamente a tutto c’è un limite e quando la gabola rompe la magia il gioco smette di divertire. Esiste un confine e di questo si tornerà a parlare analizzando i vari giochi.

Heautontimorumenos: ovvero “Il punitore di se stesso”. Sono quello che rimane ed è rimasto fino ad ore impossibili a giocare, che ha lasciato accese console per giorni, che rischiava l’addormentamento con il Joypad in mano. Insomma, i videogiochi sono una figata ma a volte ci succhiano via la vita.

Appassionato del divertimento: sì, mi piacciono la sfida, il gioco, le risate, il multiplayer a Bishi Bashi Special o Guitar Hero. Le innovazioni tecniche mi piacciono, certo, ma un gioco mi deve catturare, divertire, spegnere o accendere il cervello, far incazzare (non troppo), far gioire, non solo deliziare i miei occhi od orecchie.
Il segreto sta nel divertimento, divertire – dal latino diversus: volgere altrove. I videogame mi devono far viaggiare in un altro luogo, portarmi in un’altra direzione, distogliere dalla realtà, se non lo fanno è una noia.

Il fruire di videogiochi è legato direttamente al tempo che uno ci dedica.

Alle medie/superiori avevo un sacco di tempo a disposizione da occupare (e forse da perdere) ed ero ben disposto a investire più tempo del dovuto. Adesso ho pochissimo tempo quindi meno pazienza, questo influenza i giochi che scelgo, quando e come li scelgo. (Dovrò fare un articolo a parte solo per parlare dei maledetti tempi di caricamento ed installazione).

Ora vi ho spiegato perché lo faccio e chi sono, nei prossimi articoli, che arriveranno chissà quando, si parlerà di specifici videogame di altro o di pizza, che comunque piace sempre a tutti.
Concludo dicendo che questo è anche un ideale specie di dialogo con mia figlia Aida (11 mesi ad oggi) che ovviamente legge solo in maniera figurativa – o leggerà in futuro, a cui voglio spiegare che videogiocare è divertente, è una passione sana che se vorrà seguire il papà ha già pronte per lei una grande lista di titoli e console da proporle!

Grazie dell’attenzione.

Alla prossima!

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