Come ovvio io arrivo in ritardo, ormai si parla dei milioni di Donnarumma e non più del secondo Paolo famoso morto nella settimana; sono l’anti trend-topic.
Del sig. Villaggio Paolo conosco pochissime cose un po’ bene. I due primi film di Fantozzi ed il film “Io speriamo che me la cavo”.
Ha lavorato molto in tv, scritto tantissimo e recitato tantissimo in qualche film decente e in un’enormità di mediocrissimi (per non dire terribili) film anni ’80 (1986: Grandi Magazzini + Scuola di ladri); dopo Fantozzi era quasi sempre lo stesso personaggio.
Alla fine in questi giorni lo hanno ricordato quasi solo per Fantozzi. Io salvo i primi due, addirittura Codignola su Rivista Studio non salva nemmeno quei due film.
Di una lunghissima e ricchissima carriera e produzione Fantozzi oscura tutto, per l’impatto sulla società e per il talento un nel ritratto e per la comicità iperbolica delle piccole cose.
Qualcuno ha parlato di riscatto e satira sociale. Di riscatto non c’è nulla, salvo momenti che diventano epici nello svolgersi del racconto (“Il cineforum o la partita a biliardo”) e la satira è quella sugli “ultimi”.
Fantozzi e i colleghi sono ritratti come subumani, incasellati in una vita fatta di servilismo e istinti primordiali, senza arte o cultura. Fantozzi odia e prova ribrezzo anche per la propria famiglia.
L’ironia di Villaggio è quindi cattivissima, ride di questo povero sfigato, uno sfigato senza un minimo di dignità.
Le situazioni sono sono così ben scritte che la spietatissima presa in giro verso la stessa gente che affollava le sale sembra non essere percepita.
Rimane un pezzo di storia fondamentale della storia e della cultura italiana prima ancora che della storia del cinema.
Come la Multidamsiana Elisa ci ha ricordato ogni Multidamsiano entra in risonanza quando vede questa scena.
Buon viaggio Sig. Villaggio